Per arrivare al completo risveglio spirituale (samadhi) è essenziale sapersi concentrare in piena e totale consapevolezza ritraendo la propria mente da ogni oggetto di diversione. Questi si possono raggruppare in tre specie: sensazioni, nuovi pensieri suscitati dalle sensazioni, passati ricordi risvegliati dai pensieri del presente.
Stare fermi in introspezione non porta a grandi risultati poiché l’energia vitale, legata agli organi sensori, porta costantemente il praticante alle diversioni a cui abbiamo accennato. Solo il diretto controllo dell’energia vitale metterà il praticante in grado di interrompere la corrente dei nervi sensori, ostacolando la possibilità, alle sensazioni perturbatrici, di raggiungere il cervello distraendone l’attenzione dal cammino verso la realizzazione spirituale.
Il respiro non è la vita spirituale ma è necessario all’esistenza fisica dovendo il sangue carbonioso essere costantemente purificato dall’ossigeno. Ma il respiro resta soprattutto il vincolo che lega l’anima al corpo fisico, per cui, chi è capace di vivere senza respirare libera la propria anima dalla schiavitù del respiro e del corpo fisico (samadhi).
Il respiro corporale che lega l’anima al corpo, può essere fermato arrestando il normale processo di disintegrazione delle cellule organiche mediante lo stato meditativo in totale assenza di pensieri. E’ l’energia vitale che governa tutte le funzioni fisiche per cui, controllandola direttamente, si arriverà alla padronanza di tutte le funzioni del corpo.
Pranayama significa controllo di questa energia ed è questo lo scopo finale che si propone. La giusta quantità di ossigeno e con esso l’energia vitale che si svilupperà dalla esplosione degli atomi chimici saprà condurre il praticante gradatamente alla meta finale. Ciò vivificherà sempre più il sangue venoso di ossigeno rallentandone il decadimento cellulare, suo principale responsabile rendendo, con la pratica continua, la funzione del cuore e del respiro superflua (samadhi).